L’attesa che non conosce tempo: Hachiko, il significato della fedeltà e dell'amore

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Hachiko davanti alla stazione di Shibuya, ritratto in stile matita colorata. Un volto sereno, un orologio che scandisce il tempo, e un nome che racconta amore eterno.   Introduzione Il design realizzato oggi per il nostro Store porta la memoria di un cane straordinario, di un'anima immensa. La storia di Hachiko è nota in tutto il mondo, ma spesso viene raccontata in modo superficiale, o limitata ad un punto di vista prettamente materiale. In questo articolo intendo offrire un’altra prospettiva: quella di chi sa che l’amore non finisce con la morte, e che la fedeltà è una scelta consapevole e significativa.  Il Racconto La storia di Hachiko ha attraversato il mondo, commosso milioni di persone, e ispirato film, statue e racconti. Ma dietro la narrazione hollywoodiana, esiste una verità più sottile, più silenziosa, più giapponese. È la storia di un Akita che non ha semplicemente “atteso” il ritorno del suo compagno umano, no - Hachiko ha scelto di restare in amore con lui.

Cronache di una persecuzione istituzionale - Akita Family Love Store, blocchi e Ads

📌 Questo dossier
"Cronache di una persecuzione istituzionale" raccoglie episodi documentati di ostacoli, sabotaggi e impedimenti subiti nelle recenti attività online e nelle pregresse attività fisiche sviluppate nell’arco di tutta la vita. Ogni capitolo racconta e mette in luce eventi che, presi singolarmente, potrebbero sembrare semplici casualità o sfortune, ma che nel loro susseguirsi delineano un disegno chiaro e coerente di persecuzione. Per il passato, la narrazione accompagna il lettore a cogliere il filo che lega i diversi episodi; per il presente, i dati emergono in modo inequivocabile — screenshot e anomalie tecniche alla mano — mostrando come tali eventi abbiano inciso sul lavoro e sulla libertà personale.





 

Settimo episodio del dossier Cronache di una persecuzione istituzionale. 

INTRODUZIONE 

Dopo aver esaminato le responsabilità tecniche e strutturali legate alla piattaforma Hoplix (nel precedente articolo), è tempo di entrare nel vivo di ciò che ha reso evidente - e documentabile - l’impedimento al lavoro digitale. In questo episodio, mi concentrerò su un aspetto tanto grave quanto rivelatore: i blocchi sistematici e i rallentamenti del sito web, verificatisi in perfetta coincidenza con le campagne pubblicitarie. Non si tratta di supposizioni. Si tratta di dati, di comportamenti anomali, di evidenze visive. Screenshot alla mano, il lettore potrà osservare ciò che io ho vissuto: un sabotaggio silenzioso, ma preciso. Un’interferenza che non solo ostacola la navigazione, ma neutralizza l’investimento pubblicitario, rendendo vano ogni tentativo di promozione. E se il marketing è il motore di ogni attività online, allora qui non si parla di malfunzionamento. Si parla di interruzione volontaria di un processo produttivo. Di impedimento al lavoro. Di responsabilità diretta.

IL RACCONTO

Dopo aver ascoltato il video e osservato i due screenshot che mostrano gli utenti indirizzati al sito web dalle Ads, e il sito bloccato in Gateway timeout, non resterebbe quasi nulla da aggiungere. Il fatto grave è già evidente: si tratta di blocchi sistematici, verificatisi proprio durante le campagne pubblicitarie. In pratica, nel momento in cui investo risorse per portare utenti sul sito - pagando Ads e promuovendo il negozio - il sito smette di funzionare.

Un dato ulteriore, sospettoso, emerge da Google Analytics: nel mese di settembre la media di permanenza nella pagina di checkout è stata di sei minuti. Sei minuti, nel punto in cui l’acquisto dovrebbe concludersi. Sei minuti che invece raccontano un impedimento. A ciò si aggiungono Gateway timeout, Fatal error, rallentamenti eccessivi nel caricamento, schede prodotti vuote, perdita delle categorie.

Quest’ultima anomalia è particolarmente grave: gli utenti provenienti dalle Ads devono poter trovare i prodotti mostrati nel video pubblicitario. Eppure, “guarda caso”, due dei tre prodotti promossi — il cappellino e la tazza — si trovavano proprio nelle categorie scomparse. In altre parole, anche chi riusciva a superare i blocchi tecnici non aveva la possibilità di acquistare ciò che era stato pubblicizzato. Non è casualità: è una mirata azione di impedimento al lavoro.

Ovviamente sono stati aperti diversi ticket per segnalare queste problematiche. Sugli errori di Gateway timeout e sugli errori 5xx e 4xx la risposta è stata sempre la stessa: “Stiamo lavorando per migliorare le prestazioni della piattaforma”. A mio avviso, già questa è una forma di danno: un Seller che investe risorse per uno store non può vedersi rispondere con formule generiche, mentre l’attività rimane bloccata.

Ancora più grave è stata la risposta relativa alla scomparsa delle categorie — proprio quelle che contenevano due dei tre prodotti pubblicizzati nelle Ads. La riporto testualmente:

“Sull'ordinamento dei prodotti recentemente è stato effettuato una modifica in piattaforma sul sistema di ordinamento per questo motivo si sarà richiesto un nuovo ordinamento dei prodotti, per tutte le modifiche che vengono apportate alla piattaforma può tenersi aggiornato qui: https://hoplix.com/it/release.”

Due osservazioni:

  1. Se vengono introdotte modifiche alla piattaforma che compromettono la visibilità delle categorie degli store, Hoplix dovrebbe avere l’obbligo di avvisare i Seller, in modo da consentire un reinserimento o il riordinamento tempestivo.
  2. La risposta stessa appare evasiva e poco professionale: errori di scrittura, ripetizioni, e un’espressione ambigua (“si sarà richiesto un nuovo ordinamento”) che non trova riscontro in alcuna comunicazione ufficiale.
E, si, oltre alla scomparsa di alcune categorie delle quali hanno evaso la risposta, lamentai anche lo spostamento di altre: in tal modo rendevano meno professionale, più confusionale, lo store.

In sintesi, non si tratta di semplici disguidi tecnici: questi sono comportamenti che possono recare danni concreti, neutralizzando investimenti e impedendo l’attività economica.

Curiosamente, lontano dalle campagne Ads con Call to Action “Acquista ora”, il sito non presenta blocchi (se non la lentezza, comunque grave, già attribuita al responsabile nel precedente articolo). Ma in concomitanza con le campagne focalizzate su tre prodotti specifici, economici e di nicchia, il sito si blocca di continuo. Questo si chiama IMPEDIMENTO AL LAVORO.

Chi ha seguito i precedenti articoli del dossier non farà fatica a cogliere la continuità del disegno. 

Nota conclusiva: 

Nella seconda immagine accanto al video si osserva un dato significativo: 109 visite al sito web in soli due giorni, provenienti dalla campagna pubblicitaria. Se sommiamo queste alle successive e alle 135 della prima Ads, il volume di accessi è evidente. Eppure, nessun acquisto è stato registrato. Perché? Perché in contemporanea lo store NON ERA VISIBILEI dati parlano chiaro: centinaia di accessi generati dalle campagne pubblicitarie, ma nessun acquisto registrato perché lo store non è visibile in momenti cruciali. Non si tratta di semplici malfunzionamenti, bensì di interruzioni volontarie di un processo produttivo, con conseguente impedimento diretto all’esercizio di un’attività economica. In termini giuridici, queste condotte ledono la libertà d’impresa e il diritto al lavoro.

È doveroso indicare come responsabili diretti le piattaforme coinvolte, Hoplix e Aruba (quest'ultima esposta nel precedente articolo), poiché le prove documentali e gli screenshot lo dimostrano. Tuttavia, sarebbe ingenuo fermarsi qui. La ripetitività e la sistematicità dei blocchi mostrano chiaramente che tali aziende non agiscono in autonomia, ma sotto pressioni “dall’alto”. È in quella dimensione che si collocano i veri responsabili: strutture istituzionali che, storicamente, hanno ostacolato il mio lavoro e che continuano a esercitare un controllo occulto sulle attività digitali.

Questa vicenda non è quindi solo un problema tecnico o commerciale, ma un tassello di una persecuzione istituzionale più ampia. Puntare il dito verso i veri responsabili significa riconoscere che la libertà d’impresa e il diritto al lavoro non sono stati violati da singole aziende, ma da un sistema che ha scelto di colpire e impedire la mia attività.

Riflessione finale

Nel tempo ho compreso che molte aziende italiane non sono semplici esecutrici di ordini, ma parte integrante di un sistema che le agevola e che esse stesse scelgono di appoggiare. In un Paese come l’Italia, è raro che emerga una voce libera o una dolce e comune anima: a salire al successo sono quasi sempre soggetti prescelti o, comunque, coloro che sposano i principi di questo Stato, anche quando tali principi si rivelano loschi.

Per questo motivo non considero affatto esenti da responsabilità le aziende che hanno tecnicamente eseguito i blocchi alle mie attività digitali. Esse hanno scelto di aderire a un meccanismo che ostacola la libertà d’impresa e soffoca il diritto al lavoro. La responsabilità primaria appartiene alle istituzioni, come già evidenziato nella Nota conclusiva, ma la complicità delle aziende rende evidente che il problema non è solo “dall’alto”: è un sistema diffuso, che premia l’allineamento e punisce l’indipendenza.

Il mio compito, ormai evidente, non è soltanto una questione personale: è smontare la struttura di un’organizzazione fondata sull’inganno, sull’ignoranza e sulla premiazione di pochi a discapito di molti. La forza, la semplicità e persino la sfacciataggine delle aziende che si permettono di bloccare un sito web - il mio, o quello di chi lavora con sudore ma non appartiene ai “prescelti” - risiede in un fatto lampante: quando si denuncia, ci si rivolge alle istituzioni, cioè ai principali responsabili.

Ecco dunque il mio arduo compito: smascherare questa gente al cospetto della comunità, là dove l’unione fa la forza e dove la verità, una volta rivelata, non solo non può più essere occultata, ma diventa energia creativa capace di rendere obsoleto persino un “sistema istituzionale”.

Perché non basta denunciare le problematiche: occorre mostrare che esistono soluzioni, che la comunità può reagire e che il potere delle istituzioni non è affatto assoluto. È un potere presunto, che si regge sull’inganno e sull’ignoranza, ma che crolla quando la coscienza collettiva si risveglia.

Il mio compito è quindi duplice: denunciare le condotte che ledono la libertà e, allo stesso tempo, incoraggiare chi legge a comprendere che la vera forza non appartiene ai “prescelti”, ma a chi non si piega. La verità, quando viene condivisa, diventa un seme di cambiamento che nessuna istituzione può soffocare.

Il potere istituzionale è un’ombra: la luce della verità e dell’unione lo dissolve per sempre

Segue una serie di immagini che mostrano ulteriori blocchi in concomitanza con le campagne pubblicitarie, dimostrabili dalle ricevute delle Ads e dagli screenshot.







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❤️❤️❤️❤️❤️❤️❤️❤️LOYALTY ISN'T JUST A WORD; IT'S THE HEARTBEAT OF AN AKITA ❤️❤️❤️❤️❤️❤️❤️❤️❤️❤️