L’attesa che non conosce tempo: Hachiko, il significato della fedeltà e dell'amore

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Hachiko davanti alla stazione di Shibuya, ritratto in stile matita colorata. Un volto sereno, un orologio che scandisce il tempo, e un nome che racconta amore eterno.   Introduzione Il design realizzato oggi per il nostro Store porta la memoria di un cane straordinario, di un'anima immensa. La storia di Hachiko è nota in tutto il mondo, ma spesso viene raccontata in modo superficiale, o limitata ad un punto di vista prettamente materiale. In questo articolo intendo offrire un’altra prospettiva: quella di chi sa che l’amore non finisce con la morte, e che la fedeltà è una scelta consapevole e significativa.  Il Racconto La storia di Hachiko ha attraversato il mondo, commosso milioni di persone, e ispirato film, statue e racconti. Ma dietro la narrazione hollywoodiana, esiste una verità più sottile, più silenziosa, più giapponese. È la storia di un Akita che non ha semplicemente “atteso” il ritorno del suo compagno umano, no - Hachiko ha scelto di restare in amore con lui.

Cronache di una persecuzione istituzionale - La Freesport

📌 Questo dossier
"Cronache di una persecuzione istituzionale" raccoglie episodi documentati di ostacoli, sabotaggi e impedimenti subiti nelle recenti attività online e nelle pregresse attività fisiche sviluppate nell’arco di tutta la vita. Ogni capitolo racconta e mette in luce eventi che, presi singolarmente, potrebbero sembrare semplici casualità o sfortune, ma che nel loro susseguirsi delineano un disegno chiaro e coerente di persecuzione. Per il passato, la narrazione accompagna il lettore a cogliere il filo che lega i diversi episodi; per il presente, i dati emergono in modo inequivocabile — screenshot e anomalie tecniche alla mano — mostrando come tali eventi abbiano inciso sul lavoro e sulla libertà personale.

                                                        

Premessa.

Come scrivo nella biografia del blog, questo spazio è dedicato a ciò che per me rappresenta bellezza e verità. Di solito racconto le esperienze luminose e profonde che si vivono con gli Akita, creature nobili che incarnano entrambe. Oggi, però, parlo soprattutto di verità.

Peccato che quella di cui parlo non abbia nulla di bello - almeno non in superficie. Perché sì, continuo a credere che bellezza e verità siano sinonimi. Ma le vicende che sto per raccontare sembrano nate apposta per smentire questa convinzione. E forse è proprio lì, nel contrasto, che si rivela la bellezza più autentica: quella che resiste, che non si piega, che non ha bisogno di essere decorata per esistere.

Queste sono le cronache di una persecuzione istituzionale. E se non hanno il profumo della poesia, hanno il peso della realtà

Introduzione

Quella di cui parlo non è una semplice vicenda personale: è una storia che affonda le radici nel passato, forse persino più lontano di mio nonno - per quanto ne so io. Ma oggi, proprio in questi giorni, si sta consumando un fatto grave: una violazione aperta e sistematica dei diritti costituzionali sul lavoro (articoli 4, 35 e 41). E poiché, come vedremo nel susseguirsi dei capitoli del dossier che inizia con il presente, si tratta di un grave fatto reiterato che coinvolge tutta la mia vita, ho deciso di rompere il silenzio e raccontare tutto.

È una storia lunga, che riguarda me e parte della mia famiglia: mio nonno, che porta il mio stesso nome, i suoi figli - Salvatore, mio padre, e Giuseppina, la poetessa di Genova. Molti dei nostri parenti vivono negli Stati Uniti, e purtroppo non ho modo di contattarli. Eppure, di recente ho avuto una sensazione chiara: non mi hanno mai davvero abbandonato. Anzi, proprio da lì - dagli USA - era arrivata l’unica risorsa concreta per contrastare la persecuzione che denuncio, una persecuzione che ha vari risvolti, ma uno degli obiettivi principali è l’induzione alla povertà. Ed è proprio dagli Usa che oggi il mio negozio on-line ottiene maggiore visite, e cos'hanno appena fatto? -oltre a bloccare il sito durante le campagne pubblicitarie, o, rallentare notevolmente il caricamento delle pagine, ed è interessante il dato che deriva dalle tools di analisi del traffico le quali mostrano errori di vario genere e tempi lunghissimi di permanza nella pagina del checkout, ad evidenziare che probabilmente lì succede quel qualcosa che giustificherebbe 0 acquisti su oltre 40 mila richieste nel sito in soli tre mesi- Ma il blocco delle spedizioni in USA? Non ha prezzo! A quanto pare le istituzioni hanno modificato le regole sui dazi di import/export per i bassi importi penalizzando quindi gli e-commerce dal 29 agosto, e come anche le Poste italiane, l'azienda con cui collaboro ha sospeso le spedizioni! Un caso? Mah...mah.. Provvederò a breve aprendo un altro negozio che si appoggia ad un supplier di zona. Tuttavia, voglio dire.. a metà agosto mi accorgo delle numerosissime visite al mio e-commerce dagli Usa e mentre preparo le nuove campagne pubblicitarie con l'intenzione di indirizzare anche negli Stati Uniti le Ads, a fine mese bloccano le spedizioni? Suvvia.. In seguito spiegherò meglio perché ritengo che dagli Usa non mi hanno mai davvero abbandonato. Quel che accenno adesso, per evitare che il lettore pensi a sole mie 'paranoie', è che l'organizzazione che persegue la mia linea di sangue ha a che fare con le più fastidiose 'anime anziane'. E quindi non si fanno alcun problema ad agire in modo clamoroso e globale, anche se a discapito di tutti, quando si tratta di bloccare noi. Anche del contesto appena espresso - 'anime anziane' -  spiegherò meglio in seguito.

L’altro obiettivo? L’isolamento sociale, attuato con la più vile delle tecniche: la diffamazione. E chi dirige questo teatrino? Lo Stato Italiano, naturalmente. Con la regia ben collaudata di chi sa come colpire senza sporcarsi le mani.

Oggi però non voglio solo smascherare; voglio anche raccontare, mettere tutto in chiaro e, infine, riprendere i remi della mia barca senza dover pensare sempre a tappare dei buchi. Oltre a ripulire la mia immagine dalla sporca operazione di diffamazione in corso. Qui parlerò per lo più della sfera lavorativa - anche se i tentacoli di questa vicenda hanno afferrato praticamente ogni aspetto della mia (nostra) vita, compreso quello sentimentale.


Prefazione

Dicevo: è una questione storica che pertanto va narrata dalle origini, intrecciando le vicende del mio caro nonno e della figlia poetessa contemporanea, fino ad arrivare allo scempio che sto vivendo oggi.
L'attività che oggi viene ostacolata, e con più facilità poiché non si tratta di un esercizio fisico bensì on-line, riguarda l'attuale episodio di impedimento al lavoro eseguito per mantenere la situazione generata in molti anni di persecuzione, che è solo l'ultima vicenda di una serie sistematica di operazioni sporche. Tuttavia in questa serie di articoli voglio raccontare tutto e voglio subito dare al lettore un’idea chiara del perché questo paese - o meglio, questa organizzazione - abbia deciso di perseguitarmi.

Quattordici anni fa, scoprii per la prima volta di essere sotto persecuzione. La mia prima reazione fu andare a Roma, alla Chiesa del Gesù, quartier generale dei Gesuiti. Questa gente mi aveva anche affiancato in giovane età da un loro pupillo, con il compito di controllare la mia vita ( specie quella sentimentale, ed infatti spendevo non poco tempo insieme ad una sua amica ). Però, quando scoprivo il tutto.. "non sapevo se venire a trovarti", rispondeva ad una mia mail che lo accusava. Non sapeva se venire a trovarmi.. per timore?. Da ormai diverso tempo vive a Barcellona, sistemato, forse in forma di premio? non so.. negli uffici della Commissione Europea. Parlo di Mauro Venturi, nipote dell'influente padre gesuita Tacchi Venturi. Dunque andai a Roma e parlai con un padre, raccontando tutto ciò che avevo scoperto e chiedendo la fine delle ostilità. La risposta? Gelida:

“Credi di essere l’unico perseguitato?”

Lo racconto perché è significativo. A quei livelli non c’è spazio per menzogne: quelle sono compito delle sotto-organizzazioni (polizia, carabinieri, giudici, preti “di quartiere”). Al quartier generale, invece, non hanno bisogno di negare: sono perfino fieri delle loro azioni.

E perché ce l’hanno con noi?

La risposta completa richiederebbe pagine, ma basti sapere che questa gente promuove la cultura del corpo e reprime quella dell’anima. Parlare di reincarnazione infatti non è usuale in questa parte del mondo, le scuole (da molti anni sotto il loro controllo) non ne parlano affatto. Ma loro si occupano eccome della questione: per lo più privi di questa immortale essenza, osservano con attenzione ogni incarnazione e perseguitano, perché temono, soprattutto le anime “anziane”.

Uso questo termine perché un’essenza con molte esperienze porta con sé una quantità di informazioni - anche nel DNA - che disturbano il dogma imposto all’umanità. Anche Gesù, se ricordate, era perseguitato. E io, come mio padre, mio nonno e la zia poetessa, faccio parte di quelle anime “fastidiose”. Credo di aver già dato l'idea che la questione gira intorno a argomenti "delicati", pertanto mi limito a dire che dopo anni di "sventure" (così le definivo quando ancora non avevo preso coscienza su chi sono in essenza - e poiché quando si prende corpo la mente, l'anima e lo spirito perdono le informazioni -) decidevo solo in seguito di approfondire ciò che in realtà già sentivo dentro. E sono venute fuori tante verità che se divulgate farebbero cadere l'attuale impero. Ed è quello che succederà. Ecco perché è molto importante anche l'isolamento sociale con annessa diffamazione. L'invito è quello di fare della introspezione, o meditazione, perché chiunque sarebbe in grado di ottenere le informazioni, a prescindere dalla questione mia personale, in merito a quel che in realtà sta succedendo. Tuttavia la bella notizia è quella poc'anzi detta: la caduta del dogma.

Per ora credo basti così. Adesso passo al racconto di tutte le volte in cui mi è stato impedito di lavorare in questo paese (e non solo), cominciando dalla prima attività: la Freesport di Settimo Torinese ( 1997-2001).

Questa è solo una parte del dossier. Nei prossimi articoli continuerò a documentare, perché ogni episodio è una tessera del mosaico, senza appesantire troppo questo articolo. E racconterò anche ciò che accade oggi in merito all’uso sistematico della mia fragilità economica, indotta e coltivata nel tempo, come forma di punizione quando reagisco, di censura quando parlo, ma anche come forma di azione per ostacolare e addirittura per torturare. In una sola parola: è autodifesa.

IL RACCONTO

Avevo perso mio padre quando ero ancora giovane, quindi iniziai a lavorare con quella spavalderia tipica di chi ha pochi freni e molte idee, a soli 15 anni. Dopo vari impieghi in piccole aziende, periodo dove già incontravo degli ostacoli, entrai finalmente nello staff della Goggi Sport, che sarebbe stata successivamente rilevata dalla Cisalfa Sport.

Avevo un contratto di due anni, ma grazie a un responsabile che, nonostante tutto, non smetterò mai di ricordare con affetto - Paolo Vavassori, da molto tempo, purtroppo, non più con noi - ottenni un contratto a tempo indeterminato. In altre parole mi volevano mandare a casa, ma Paolo si oppose con determinazione elogiando il mio lavoro. Un gesto che, a posteriori, capisco quanto fosse significativo poiché sono dell'idea che tutte, o quasi, le persone che ho frequentato, consenzienti o costrette, sapevano del Truman Show che stava girando intorno alla mia vita. Seppur non vedessi a quel tempo l’influenza invisibile di quelle forze che tentavano di impedire il mio cammino (sempre presenti, ma che non avevo ancora imparato a riconoscere), si comprende durante il racconto anche delle successive "avventure" come pian piano si delinea chiaramente la premeditazione sulla base di un piano organizzato al fine di indurre allo stato di povertà (materiale). 

Apro una breve parentesi. Un'anima "anziana", capace e scomoda, eccelle ovunque si impegni. Ma secondo certi raffinati meccanismi di esclusione, il suo talento non deve emergere. I miei predecessori ne sono la prova vivente. O meglio, lo erano. Nonostante le loro doti straordinarie, hanno attraversato l’Italia del dopoguerra - quella del “grande riscatto”, delle promesse e dei tricolori sventolanti - per poi spegnersi in un silenzio che sa più di censura che di destino. Mio nonno, per esempio, era stato insignito del titolo di Cavaliere d’Italia. Un tenore dalla voce limpida, un pianista raffinato, e un capo mastro che letteralmente costruiva palazzi. Sì, proprio quelli in cui oggi vivono comodamente tanti cittadini. Ma lui? Lui e mio padre, come racconta mia zia - poetessa e scrittrice pluripremiata - “tiravano su palazzi” a Genova, mentre nelle tasche avevano solo la polvere dei mattoni. E la riconoscenza dello Stato? Ah, quella sì che è stata memorabile: niente pensione di guerra, nemmeno un grazie. Solo medaglie da lucidare e bollette da pagare. Un “povero Cavaliere d’Italia”, con tanto di croci al merito, che ha lasciato in eredità case a mezza città… ma non abbastanza per permettere a suo nipote di vivere senza essere tartassato. E sua figlia finì peggio di lui. Oltre alla povertà subiva molte torture: venne picchiata plurime volte dai mariti e anche dalla badante testimone di Geova, dopo che il karma si portava via i due sposi; ed infine fu imbottita di psicofarmaci, legata ad una sedia in attesa del suo decesso.

Evidentemente in questo paese il merito è un concetto che va bene solo nei discorsi ufficiali o tra "fratelli". Nella pratica, meglio che resti sepolto sotto qualche lastra commemorativa, possibilmente in una via secondaria.


Tornando a me.. l’azienda romana che aveva rilevato la Goggi Sport (Cisalfa) dovette sicuramente fare i conti con delle pressioni per lasciarmi a casa, ma il mio responsabile, un uomo che si faceva rispettare, aveva difeso la mia posizione con forza. Questo aveva creato un piccolo grattacapo per i miei persecutori. Mio padre, a suo modo, aveva già vissuto una situazione simile — consapevole delle dinamiche, si era tenuto stretto il suo posto fisso, mentre io, come il giovane ignaro che ero, non mi rendevo conto di nulla. Lui trovò e si tenne stretto un lavoro di una azienda della massoneria. Per me era un po' come trovarsi in una situazione in cui rischiavo di fare carriera, di trovare soddisfazione in un lavoro che amavo (l’articolo sportivo era davvero il mio mondo), ma le cose non sono mai così semplici quando dietro le quinte ci sono dei burattinai che tutto sono, tranne che brava gente.

A quel punto, il piano era in moto: farmi licenziare. Poco dopo il rinnovo del contratto, spunta un tizio con una proposta scintillante - rilevare una storica attività di articoli sportivi. Un’offerta da sogno: pochi soldi, rateizzabili con facilità, niente banche, niente intermediari. Era il 1997. Guarda caso, proprio quell’anno la nuova finanziaria incentivava la prima Partita IVA con tre anni esentasse. E le banche? Improvvisamente entusiaste delle piccole-medie imprese. Un allineamento cosmico perfetto. La tentazione fu forte, accettai, certo delle mie capacità. E così nasceva la Freesport. In altre parole: avevo abboccato.

All’inizio tutto sembrava filare. Poi, uno dopo l’altro, i tasselli iniziarono a cadere. Nel momento del bisogno, la banca - quella che mi aveva accolto con agevolazioni che neanche avevo chiesto - si dileguò. La San Paolo, già nel 1998, si fuse in Intesa. Il nuovo CEO cambiò spartito: niente più sostegno alle piccole realtà. Mi fu imposto il rientro immediato di 20 milioni di elasticità di cassa, concessi prima con entusiasmo.

Ma il gran finale era ancora in serbo. Settembre del 2000, rientro dalle ferie, i ladri entrano nel magazzino e portano via tutto - compreso il materiale appena arrivato per la nuova stagione. L’assicurazione? Avrebbe pagato, sì… come no?. In seguito spiego.

Nel mezzo, come se non bastasse, c’era anche il piccolo mistero del centro commerciale di Settimo Torinese, a due passi dal mio negozio. Esponeva - guarda caso - gli stessi identici articoli tecnici da montagna che trattavo io (faccio riferimento più che altro a snowboard e sci). Non parlo delle grandi marche, ma di quelle poco conosciute, dal prezzo contenuto, quelle che si vendono per la maggiore. La parte curiosa? Li vendevano a meno di quanto li pagavo io!. Coincidenze, certo. Una dietro l’altra. Fino a diventare sistema.

A quel punto, più che una storia imprenditoriale, sembrava una sceneggiatura. Solo che il genere non era commedia, era trappola. Con budget ridotto, ma regia impeccabile, e l’attività è andata in default.

Non voglio entrare troppo nei dettagli su ciò che accadde con il socio - che è un altro capitolo da raccontare, ma per il momento preferisco risparmiarvelo - e concludo con un ricordo vivido: le parole dell’avvocato quando mi disse che l’assicurazione non avrebbe pagato subito. Mi disse, guardando un plico enorme di documenti:

“Vede… l’assicurazione ha messo dieci avvocati e mi ha presentato un plico così di documenti” (indicando con le mani circa venti centimetri di spessore).
“Vincerà la causa, perché siete stati derubati, ma le dico già che ci vorranno almeno 8-10 anni. E, probabilmente, a quel punto dovrà dare quasi tutti i soldi a me per il servizio.”

Cosa posso dire? Chapeau!.

Chi c'era dietro a tutto questo?

Sicuramente non è stato solo il caso a giocare il suo ruolo.


Questa è solo la prima tappa di un lungo percorso di sabotaggi. Nei prossimi post continuerò a raccontare le vicende senza lasciare nulla fuori. Perché ciò che accade oggi - i continui ostacoli alle mie attività, l’uso sistematico della mia fragilità economica, indotta e coltivata nel tempo - non sono casuali. È il sistema che si difende da ciò che non può più controllare. E io, semplicemente, racconto.

Seppur questo dossier apparentemente mostra una sorta di mia debolezza, uno scontro con i "poteri forti", in ultima analisi non sono io a dovermi difendere. Sono loro. Perché chi ha bisogno di nascondere, isolare e diffamare, ha già perso. Io, invece, racconto, e ogni riga è un colpo al loro castello di sabbia.

Commenti

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❤️❤️❤️❤️❤️❤️❤️❤️LOYALTY ISN'T JUST A WORD; IT'S THE HEARTBEAT OF AN AKITA ❤️❤️❤️❤️❤️❤️❤️❤️❤️❤️