L’attesa che non conosce tempo: Hachiko, il significato della fedeltà e dell'amore

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Hachiko davanti alla stazione di Shibuya, ritratto in stile matita colorata. Un volto sereno, un orologio che scandisce il tempo, e un nome che racconta amore eterno.   Introduzione Il design realizzato oggi per il nostro Store porta la memoria di un cane straordinario, di un'anima immensa. La storia di Hachiko è nota in tutto il mondo, ma spesso viene raccontata in modo superficiale, o limitata ad un punto di vista prettamente materiale. In questo articolo intendo offrire un’altra prospettiva: quella di chi sa che l’amore non finisce con la morte, e che la fedeltà è una scelta consapevole e significativa.  Il Racconto La storia di Hachiko ha attraversato il mondo, commosso milioni di persone, e ispirato film, statue e racconti. Ma dietro la narrazione hollywoodiana, esiste una verità più sottile, più silenziosa, più giapponese. È la storia di un Akita che non ha semplicemente “atteso” il ritorno del suo compagno umano, no - Hachiko ha scelto di restare in amore con lui.

Cronache di una persecuzione istituzionale - Il Kaffà Caffetteria in Brasile

📌 Questo dossier
"Cronache di una persecuzione istituzionale" raccoglie episodi documentati di ostacoli, sabotaggi e impedimenti subiti nelle recenti attività online e nelle pregresse attività fisiche sviluppate nell’arco di tutta la vita. Ogni capitolo racconta e mette in luce eventi che, presi singolarmente, potrebbero sembrare semplici casualità o sfortune, ma che nel loro susseguirsi delineano un disegno chiaro e coerente di persecuzione. Per il passato, la narrazione accompagna il lettore a cogliere il filo che lega i diversi episodi; per il presente, i dati emergono in modo inequivocabile — screenshot e anomalie tecniche alla mano — mostrando come tali eventi abbiano inciso sul lavoro e sulla libertà personale.

Terzo episodio del dossier: "Cronache di una persecuzione istituzionale".

 


 - Il Kaffà Caffetteria & Confetteria - Episodio: l'esilio dorato che finì in acido

PREMESSA

Penso che si sia già inteso dalla lettura del racconto dai precedenti episodi del dossier, tuttavia chiarisco che per rendere la narrazione più fluida, divertente e coerente con le consapevolezze di oggi, racconto gli eventi come se all’epoca avessi già intuito ciò che in realtà avrei compreso solo anni dopo: ovvero, l’esistenza di una persecuzione sistematica ai miei danni. Allora non ne avevo coscienza - i segnali erano sparsi, le coincidenze strane, ma il disegno complessivo mi era ancora oscuro. Tuttavia, l’influenza di quelle forze fu decisiva fin dall’inizio, quindi oggi le includo nel racconto come se le avessi sempre percepite. Perché, alla fine, c’erano davvero. 

IL RACCONTO

Dopo il rocambolesco addio all’Italia, il mio atterraggio in Brasile fu quasi onirico. Mi ritrovai immerso in un mondo nuovo, caldo, accogliente, che sembrava fatto apposta per lasciarsi tutto alle spalle. San Paolo, con i suoi quasi 20 milioni di abitanti, era un cuore che batteva forte giorno e notte: una metropoli viva, piena di energia, dove ogni cosa sembrava possibile.

Nei primi mesi decisi di prendermi una pausa: niente lavoro, solo esplorazione e piacere. Il clima era mite — un inverno che per me, abituato al nord Italia, pareva primavera inoltrata — e approfittai subito per viaggiare. A nord, visitai Maceió, nella regione di Alagoas: una città affacciata su un mare da cartolina, tra sabbia bianca, palme e piante di cocco. Qui, il consiglio è di andare a visitare la Praia de Gunga. Un'oasi di bellezza nella congiunzione del fiume con l'oceano. Lì, anche d’inverno, il termometro superava i 30 gradi, ma era un caldo gentile, mai soffocante. Una vera meraviglia tropicale.

Poi mi spostai a sud, verso Florianópolis, nell’isola di Santa Catarina: un’atmosfera completamente diversa, ma altrettanto affascinante. Spiagge, dune sabbiose, cavalli.. natura rigogliosa ed al sud, anche più selvaggia. Al nord il ritmo di vita pare più europeo, quasi paragonabile a Ibiza. Feste su yacht, ville che si trasformano in discoteca la notte, e poi, Ferrari, Porsche e Lamborghini che si incrociano ai semafori come se fosse un salone di auto: no!, Florianópolis, specie nella parte nord, è zona per chi ha soldi da spendere, e tanti. Due luoghi opposti quindi, che mi regalarono sensazioni diverse ma profonde allo stesso tempo, e ricordi preziosi.. per quanto riguarda la prima. Ancora oggi, quando ci penso, sento nascere quella dolce nostalgia che in Brasile chiamano "saudade".


Poi tornai a San Paolo e acquistai un ristorante: Kaffà Caffetteria & Confetteria. Piccolo ma ben piazzato: zona commerciale piena di uffici, banche e multinazionali (Nestlé, Claro & Co.). Il flusso del pranzo era promettente e io ottimista. Mantenni lo staff - otto brasiliani - e non rivoluzionai il menù: guai a toccare la feijoada, piatto sacro due volte a settimana. Aggiunsi solo qualche tocco italiano, per non tradire le origini.

Tutto filava, a parte qualche problema di gestione causato dalla moglie, rientrata in patria con velleità di comando. Seppur qui ci sarebbe qualcosa da dire anche in ambito economico, ma lascio stare. Dico solo che è una donna che arrivava in Italia tramite quella parte di amici di cui oggi ho la certezza facessero parte del Truman Show. E non a mio favore, bensì parlo di persone vicine alla mafia con amicizie quali i calciatori della Juve, lo stilista Carlo Pignatelli, il patron del caffè Torino Nicola Cesaro (di cui in seguito gestivo per un breve tempo un suo ristorante - quello che sarà narrato nel successivo articolo - ), ed altri ancora. E ricordo che avevo citato nel primo articolo del dossier che anche la mia vita sentimentale è sempre stata tenuta d'occhio. O meglio, impostata, prescelta da chi mi vuole isolare, ovviamente. Cit. Mauro Venturi - Vedi Prefazione del post "Cronache di una persecuzione istituzionale - La Freesport


Poi, il colpo di fortuna: Charlie, l’amministratore dell’immobile, mi chiamò. "I proprietari vogliono vendere e tu, come gestore dell'attività, hai il diritto di prelazione". Mi disse pure: “Sei fortunato, il valore immobiliare qui sta schizzando. Vai in banca, fatti dare un mutuo: pagherai meno della rata d’affitto. E tra qualche anno raddoppierai.” 

Effettivamente, l’affitto era pesante - 4.000 reais al mese - e l’idea mi entusiasmò. Gli risposi che sarei andato immediatamente in banca, anche se - tanto per dire - gli raccontai che per avere un finanziamento di una parte del valore di una pick-up avevo dovuto cercare garanti come se stessi chiedendo l’accesso al Pentagono. Ma Charlie rise: “La banca spera che tu non paghi, così si prende l’immobile.”

Così, fiducioso, andai in banca. Ma... mutuo negato. Nemmeno riportando le parole di Charlie, nemmeno ricordando che in caso di mancato pagamento la proprietà sarebbe comunque tornata a loro, e nemmeno facendo presente che la rata del mutuo sarebbe stata inferiore ai 4000 reais/mese che pagavo di affitto, agevolando quindi l'attività. Nulla da fare.

Che pena. La casa disponeva anche di una seconda metà, destinata anch’essa alla vendita in un futuro non troppo lontano. Avrei potuto espandere il locale, rafforzare il progetto. Invece, mi fecero perdere tutto.

E tanto per dare un’idea del business che mi hanno strappato, guarda cos’è diventato oggi quel ristorante, clicca qui

La gioia di quei giorni per il colpo di fortuna svaniva velocemente, e devo dire che c'era già sufficiente "materiale" per iniziare  a sospettare che qualcuno stesse “monitorando” anche dall’altra parte dell’oceano. A quel tempo non capivo e mi definivo uno sfortunato, ma le coincidenze erano troppe. Bradesco cominciò a mostrare atteggiamenti ambigui: inizialmente entusiasta della mia permanenza come cliente, poi improvvisamente fredda. Intanto i problemi aumentavano. Il personale cominciò a sfilacciarsi. La migliore del team si licenziò e mi fece causa. In lacrime. Sembrava costretta. Fortunatamente, un avvocato italiano mi aiutò a dilazionare la cifra dovuta. Ma intanto...

Il commercialista alla fine si dimostrò tale e quale a quello della Trattoria del Peso, perché assicurava di aver verificato i conti della società rilevata, ma alla fine aveva omesso dettagli fondamentali, incluso il fatto che la dipendente storica aveva un contenzioso irrisolto con la precedente gestione (ma siccome avevo rilevato l’attività, mi ero comprato pure i problemi). Aveva omesso debiti con il Ministero della Fazenda (o forse erano apparsi come per "incanto"?); ed in più, ciliegina sulla torta, aprirono tre nuovi ristoranti attorno al mio. La clientela cominciò a scendere. Però c’era da sperare nei Mondiali.

Acquistai una bella Tv LCD. Previsioni rosee, promesse di clienti, entusiasmo alle stelle. Poi… la Coca-Cola decide di piazzare, senza preavviso (nessuno tra i ristoratori ne era al corrente), il mega-schermo dei mega-schermi proprio nella piazza di fronte. Con tanto di stand, bibite, food court. Tutti i miei sforzi evaporarono davanti a quella bibita frizzante. Per disperazione avevo acquistato dei contenitori di polistirolo e mandavo i dipendenti in piazza a cercare di vendere almeno delle bibite. Poca cosa..  

Il colpo di grazia lo diede ancora una volta il Bradesco. Feci arrivare 11.000 euro dall’Italia, un bonifico per sostenere l’attività. Soldi miei. Giroconto personale. E cosa fa la banca? Mi chiede una ricevuta fiscale del ristorante per sbloccarli. Peccato che una ricevuta avrebbe generato una tassazione del 40%. Cioè: per avere i miei soldi, avrei dovuto regalarne quasi metà al fisco brasiliano. Assurdo? No. Programmato.

A quel punto non c’erano più margini. Svendevo tutto per meno di quel che pagai e coperti i debiti accumulati in così breve tempo, rimasi senza un centesimo in tasca. Tornai in Italia come un migrante al contrario. Chapeau.

Seguì anche la separazione dalla moglie, sulla quale evito di dilungarmi - ho scritto qualcosa prima e quindi andiamo avanti.

Tornai in Italia. Di nuovo da capo. Ancora. E ancora non avevo capito - nemmeno allora - di essere oggetto di una persecuzione. Una persecuzione che, come vedremo, colpì anche tutte le successiva attività.

In successione vedremo un ristorante per bambini. Altra attività dove lo stato italiano intervenne direttamente. Protagonista? il gesuita Piero Fassino, allora sindaco di Torino. Ma prima di raccontare le vicende dell'Isola che non c'è - questo era il grazioso nome assegnato al locale - apro una parentesi che a mio avviso è più che una curiosità.

Rientrato in Italia, non potei fare a meno di notare un dettaglio tutt’altro che irrilevante: Piero Fassino, allora sindaco di Torino, era appena stato in Brasile per incontrare Lula, presidente in carica. La foto che circolava sul web - e probabilmente anche sulle testate giornalistiche, ma io non le leggo - li ritraeva mentre si stringevano la mano con sorrisi da cerimonia.

La mia reazione fu immediata, istintiva, quasi automatica: E voilà, anche all’estero lo abbiamo conciato per le feste. I Gesuiti, ovviamente. Sempre loro. Ma vedremo in seguito cosa mi ha combinato a Torino, quando ancora ricopriva la carica di Sindaco. Il disegno iniziava davvero a rivelarsi.  Dopo le “uscite” dirette dello Stato - il sindaco di Buriasco, i Carabinieri di Vigone armati dentro la Trattoria - e la dichiarazione sfacciata del prete gesuita a Roma, con un Sindaco della città di scuola gesuita sempre in ombra ma costantemente presente, il puzzle cominciava a mostrare un’immagine nitida. Non più frammenti. Non più sospetti. Ma una regia.

Il Disegno si Rivela

Dopo questi tre episodi, il quadro non può essere più sfocato anche ad un lettore scettico. Non si tratta di sfortuna, né di coincidenze. È una persecuzione sistematica, capace di adattarsi a ogni contesto e luogo, a ogni fase della mia vita. Ovunque io abbia provato a costruire qualcosa - in Italia, in Brasile, a Londra (racconterò in seguito) e persino nei legami affettivi - è arrivato puntuale un ostacolo. Non sempre con la faccia dello Stato, ma sempre con la stessa logica: impedire il successo (e non solo finanziario), isolare, mettere a tacere.

Questa persecuzione ha molti volti. A volte si presenta sotto forma di ladri, di incidenti apparentemente casuali e non solo in ambito del lavoro (sono una trentina le autovetture che sono stato costretto ad acquistare - giusto 3 per scelta), altre volte indossa giacca e cravatta dietro uno sportello bancario. Può agire attraverso un funzionario, un commercialista, un’assicurazione, un’amministrazione comunale, o un semplice cittadino (ed in questo caso gioca un ruolo importante proprio un "comune cittadino", in apparenza comune, ma superiore alle leggi. Tuttavia di questo soggetto ne parlerò in seguito). Ma il risultato non cambia: ogni tentativo di autonomia viene intercettato, ogni slancio viene spento, ogni progetto sabotato. Obbiettivo? Lo stato di povertà e l'isolamento sociale.

Tutto ciò non è casuale. È un disegno preciso, portato avanti da una struttura che opera nell’ombra, ma che lascia tracce ovunque. I Gesuiti - non i mandatari, ma gli esecutori - sono i burattinai di questa regia. Sono loro a gestire il copione, a muovere le leve, a far apparire ogni sventura come una fatalità. Sono radicati, silenziosi, e purtroppo efficaci. E come vedremo nel prossimo episodio, non esitano a chiudere un locale che decolla, se ancora una volta "rischio" di emergere. A Torino, fu Piero Fassino - uno dei loro pupilli - a firmare la chiusura di un ristorante per bambini che stava decollando già dai primi mesi. Un gesto sfacciato, ma perfettamente coerente con il copione, che racconterò in seguito.

Perché sì, la mia vita è stata - ed è tuttora seppur forzato - un Truman Show. Ogni scena scritta, ogni incontro orchestrato, ogni inciampo previsto. Ma c’è una differenza sostanziale: io non sono più il protagonista inconsapevole. Così come dichiaravo al padre raggiunto alla chiesa del Gesù a Roma non appena scoprivo il tutto. Non recito più nel film che altri hanno scritto per me. Ora osservo, documento, espongo. Ma soprattutto metto un punto a questa surreale situazione.




Commenti

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❤️❤️❤️❤️❤️❤️❤️❤️LOYALTY ISN'T JUST A WORD; IT'S THE HEARTBEAT OF AN AKITA ❤️❤️❤️❤️❤️❤️❤️❤️❤️❤️