L’attesa che non conosce tempo: Hachiko, il significato della fedeltà e dell'amore

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Hachiko davanti alla stazione di Shibuya, ritratto in stile matita colorata. Un volto sereno, un orologio che scandisce il tempo, e un nome che racconta amore eterno.   Introduzione Il design realizzato oggi per il nostro Store porta la memoria di un cane straordinario, di un'anima immensa. La storia di Hachiko è nota in tutto il mondo, ma spesso viene raccontata in modo superficiale, o limitata ad un punto di vista prettamente materiale. In questo articolo intendo offrire un’altra prospettiva: quella di chi sa che l’amore non finisce con la morte, e che la fedeltà è una scelta consapevole e significativa.  Il Racconto La storia di Hachiko ha attraversato il mondo, commosso milioni di persone, e ispirato film, statue e racconti. Ma dietro la narrazione hollywoodiana, esiste una verità più sottile, più silenziosa, più giapponese. È la storia di un Akita che non ha semplicemente “atteso” il ritorno del suo compagno umano, no - Hachiko ha scelto di restare in amore con lui.

Cronache di una persecuzione istituzionale - Il Pet Shop

📌 Questo dossier
"Cronache di una persecuzione istituzionale" raccoglie episodi documentati di ostacoli, sabotaggi e impedimenti subiti nelle recenti attività online e nelle pregresse attività fisiche sviluppate nell’arco di tutta la vita. Ogni capitolo racconta e mette in luce eventi che, presi singolarmente, potrebbero sembrare semplici casualità o sfortune, ma che nel loro susseguirsi delineano un disegno chiaro e coerente di persecuzione. Per il passato, la narrazione accompagna il lettore a cogliere il filo che lega i diversi episodi; per il presente, i dati emergono in modo inequivocabile — screenshot e anomalie tecniche alla mano — mostrando come tali eventi abbiano inciso sul lavoro e sulla libertà personale.

Quinto episodio del dossier Cronache di una persecuzione istituzionale - Il Pet Shop

 INTRUDUZIONE

In questo capitolo parlo di accadimenti recenti. Era il 2019 quando iniziò la mia avventura con gli Akita. Prima arrivò Baba, poi Biba, ed in seguito la cucciolata. Nel mezzo - anzi, subito dopo - il Covid. Un mese dopo la nascita dei cuccioli, il mondo si fermava.Il Pet Shop di cui parlerò oggi era un’attività online che avevo costruito con passione, affiancato da questi splendidi animali, con l’obiettivo di trasferire la nostra residenza in un luogo più adatto. Ma i problemi non tardarono ad arrivare. La confusione generata dalla prima ondata della pandemia impedì l’adozione dei cuccioli. Un fatto non drammatico - me ne prendevo cura con amore - e che segnò l’inizio di una favola chiamata Akita Family Love. l'intervento ad ostacolare arrivò negli anni seguenti con le successive due cucciolate, sebbene abbia motivo di credere che anche stavolta la pandemia abbia avuto un impatto.

I progetti del periodo erano due + le cucciolate:

  • il Pet Shop

  • la gestione di un ristorante con appartamento nell’Alessandrino

  • e, in seguito, due cucciolate che tuttavia non ambivano ad importanti introiti

Sulle cucciolate scriverò un articolo dedicato. Quel che posso anticipare è che anche lì lo Stato italiano intervenne direttamente per ostacolare. 

Quanto al ristorante, fu il Covid a sbattere la porta in faccia al progetto. E poiché credo che anche il lettore più scettico, dopo aver letto i primi quattro episodi, abbia ormai intuito che qui c’è qualcosa di grosso sotto, mi esprimo apertamente.

Il “lancio del Covid” - azione programmata a discapito dell’umanità - fu eseguito in quell’esatto giorno in cui avrei dovuto andare ad Alessandria per firmare il contratto di gestione. I cuccioli erano ancora piccoli, le persone che avevano prenotato si fecero indietro, e nessuno rispondeva più agli annunci online. Eppure si trattava di una razza in voga, e la richiesta economica era irrisoria. La mia preoccupazione era trovare le persone giuste ed i progetti a scopo di lucro erano gli altri due.

Ma per bloccare la firma del contratto ci voleva qualcosa di definitivo. Il venerdì - il giorno prima dell’appuntamento - la stampa nazionale annunciava la pandemia. E il contratto saltò. Ovviamente.

Non si aspettavano la fortuna che, come al solito, mi accompagna. E lo spiego: si tratta di karma. Il mio è estremamente positivo. Per questo la fortuna è spesso dalla mia parte. (L’ho già detto nella prefazione del primo articolo - : lo Stato italiano, con alle spalle chiesa/gesuiti, non riconosce la cultura dell’anima - la teme. Eppure la studia, la monitora, la sorveglia. Quando individua un’anima “anziana”, non la rispetta: la prende di mira. Il karma, quell’energia che protegge e favorisce queste anime, è uno dei motivi. E proprio lì, nel momento in cui il karma agisce a nostro favore, loro si infilano. Non per caso. Ma per sabotare. È il loro mestiere: intercettare la luce e spegnerla. Potrei raccontare decine di esempi ma non in questo momento perché l'oggetto dell'articolo è altro)

Quando trovai l’annuncio della gestione del locale, e soprattutto dopo aver parlato con l’agente immobiliare - che, sentito il mio curriculum, mi rassicurò sul costo della gestione - l’affare era fatto. Ma la contromossa pure.

Il proprietario, ormai in pensione, cercava una persona con le mie competenze - non solo gestionali, ma anche tecniche, perché cucinare è un’arte che mi appartiene. “Venga ad Alessandria,” mi disse l’agente, “il titolare è entusiasta di conoscerla. Sicuramente vi metterete d’accordo.”

Sì, ma il venerdì… La stampa nazionale dichiara pandemia e chiusura di tutti i ristoranti.

Che “combinazione”.

Detto questo, procedo con il racconto del Pet Shop.


IL RACCONTO


Il progetto Akita Family Love Store nasceva con entusiasmo e visione. Avevo acquistato il dominio , attivato WordPress con WooCommerce su Aruba, e messo mano al sito con le competenze maturate negli anni. Non era un capolavoro estetico — il budget era limitato — ma era grazioso, funzionale, e pronto a crescere.

Scelsi CJdropshipping come fornitore, collegai WooCommerce, iniziai a selezionare e importare i prodotti. L’idea era semplice: partire subito, anche in piccolo. Acquistai un plugin per il multilingue, ma decisi di usare il mio inglese: da una ricerca avevo scoperto che Google penalizza i siti multilingue che si affidano ai crediti automatici. Il lavoro si fece più impegnativo, soprattutto in termini di tempo. Descrizioni prodotto, traduzioni, ma per non togliere nulla ai miei Akita, lavoravo di notte. Era un periodo intenso, con poche ore di sonno, ma la forza di volontà non mancava.

Poi arrivarono i problemi. Il sito iniziò a rallentare. Contattai Aruba: un primo ticket risolse un problema, ma ne emerse subito un altro. La homepage era leggera - solo una newsletter, un programma fedeltà, i nuovi arrivi e un carosello immagini - ma il caricamento era lentissimo. E io lo sapevo: secondo le statistiche di Google, il 53% degli utenti abbandona un sito se non si apre entro 4 secondi.

Aprii ticket su ticket. La situazione peggiorava.

Sono convinto che la responsabilità sia di Aruba, per almeno quattro motivi.

Primo motivo – Il plugin di cache. Avevo installato un plugin di cache aggiuntivo che migliorava leggermente la velocità. Tuttavia non era sufficiente per ottenere una buona velocità, allora Aruba mi chiese le credenziali per far accedere un tecnico. Il giorno dopo, entrando nel sito, vidi tre utenti attivi. Pensai: “Ottimo, si stanno dando da fare.” No. Il sito era peggiorato drasticamente. Anche la dashboard era diventata lentissima. Sbattei fuori i tecnici cambiando la password e scrissi ad Aruba per segnalare il problema aggravato. La risposta? “Non siamo stati noi.”

Secondo motivo – Il server SQL obsoleto. WordPress segnalava costantemente che il database era ospitato su un server SQL obsoleto. Aruba rispose che “al momento non sono previsti aggiornamenti”. Solo dopo quasi un anno - un anno! - si decise ad aggiornare il mio database su un server finalmente compatibile. Nel frattempo, il sito arrancava.

Terzo motivo – Gli aggiornamenti non eseguiti. Pagavo Aruba come “assistente di hosting”, ma spesso appariva il messaggio: “Gli aggiornamenti in background non funzionano come previsto.”, e "E' disponibile un nuovo aggiornamento di WordPress". E allora, cosa pago a fare? Un servizio che non aggiorna, non assiste, e non risolve (ma crea.. problemi).

Quarto motivo – Le REST API non funzionanti. Gravissimo. Se il server non comunica con WordPress, il sito è tecnicamente paralizzato. Le REST API erano bloccate. E anche qui, la responsabilità era loro. Aruba. Il fornitore che doveva garantire stabilità, e invece generava ostacoli.


Ma il loro plugin che inchiodava il sito? Mi fece diventar matto. Decisi di fare da solo. Scaricai un plugin che permetteva di accedere a tutti i comandi del sito. Eliminai Aruba Speed Cache (perhé non si poteva eliminare dalla lista dei plugin a differenza di altri). Il sito migliorò notevolmente. Ma il giorno dopo… loro lo reinstallarono. Due o tre settimane così. Alla fine scrissi: “Non permettetevi più di entrare nel mio sito e installare plugin.” La risposta fu il contratto: “Il nostro plugin è vincolato al servizio.”. E io non potevo lanciare un e-commerce con pagine che caricavano in 10 - a volte 15 - secondi.

A quel punto, basta. Non posso più neanche pensare di poter lavorare con aziende di questo paese. Passo ad altro. Via da Aruba, e dentro Cloudflare.

Con Hoplix il sito è già pronto, certo. Ma anche qui, i problemi non mancano. Cloudflare documenta oltre 40.000 visitatori in soli tre mesi - un numero impressionante per un progetto appena nato. Google Analytic ne mostra molti di meno perché esclude i Bot IA, ma restano comunque un numero importante di visitatori effettivi, e nessuno è riuscito a completare un acquisto. Sospettosa è la media di tempo che, per esempio, nel mese di settembre 27 utenti hanno avuto nella pagina Checkout: ben 6 minuti. Questo indica che lì succede qualcosa. Perché se un utente arriva alla pagina del Checkout è per eseguire il pagamento. 6 minuti di media e 0 acquisti?. Blocchi, rallentamenti, interferenze, e blocchi mirati in concomitanza con le campagne pubblicitarie come si vedrà negli screenshot in  allegato alla denuncia. Questo è un sabotaggio tecnico che non può più essere ignorato.

Ecco perché sto preparando una denuncia formale alla Polizia Postale per impedimento al lavoro. Perché quando il karma lavora, loro si infilano. Ma stavolta, si documenta. E si denuncia.

Nel prossimo articolo racconterò tutto: Akita Family Love Store – il sito ostacolato.

🔧 Nota tecnica – Aruba, Hoplix e l’arte del sabotaggio sottile

L’ultimo “scherzo” di Aruba arrivò nei mesi successivi alla mia decisione di rescindere il contratto di assistenza, mantenendo attivi solo dominio e casella email. Di fatto, i rapporti non erano stati chiusi del tutto — e non lo sono tuttora (ma lo saranno a breve). Avevo convertito il servizio in modalità non assistita per liberare il sito dal loro plugin di cache, ormai inutile, visto che gli aggiornamenti venivano eseguiti solo saltuariamente. La decisione fu presa anche per un motivo più sostanziale: la convinzione, fondata, che fossero coinvolti nei malfunzionamenti del sito.

Tecnicamente, questo si intende per “recesso”. La mia pecca? Non aver effettuato un backup del database. Errore mio, lo ammetto. Ma Aruba, che invia email quasi quotidiane su argomenti spesso del tutto irrilevanti rispetto al nostro rapporto contrattuale, non ha ritenuto opportuno inviarne una per dire: “Attenzione: domani il suo database verrà cancellato definitivamente.” Risultato: un anno di notti passate a scrivere descrizioni prodotto e traduzioni in inglese, volatilizzate. Letteralmente, buttate al vento.

Non è tutto. Di recente, su Cloudflare è comparso un errore DNS relativo al servizio email. Ambiguo, perché al momento della migrazione da Aruba a Cloudflare avevo configurato tutto correttamente. E per mesi, infatti, nessun errore. Perché ora sì? E soprattutto, cosa riguarda questo “errore”? La sicurezza della posta elettronica.

Parliamo del record SPF (Sender Policy Framework), che definisce quali server sono autorizzati a inviare email per conto del mio dominio. E parliamo anche del DMARC, che stabilisce come i server destinatari devono gestire le email non conformi. Senza questi record - entrambi assenti - le email inviate dal mio dominio risultano non affidabili. Conseguenza? Gmail (e non solo) le recapita direttamente nella cartella Spam. E molti utenti, come me, quella cartella la aprono solo per fare pulizia.

Questo non è un dettaglio tecnico trascurabile. È un danno diretto al marketing: se i clienti non ricevono le comunicazioni, ogni strategia di fidelizzazione, ogni codice sconto, ogni invito alla recensione… diventa inutile. E se la casella è vulnerabile, può persino essere usata da terzi per inviare email contraffatte a mio nome.

Anche questo dettaglio, apparentemente tecnico, potrebbe non essere del tutto scollegato al dato anomalo delle moltissime visite al sito web in tre mesi con soli due acquisti (da miei follower sui social), e blocchi constatati e documentati con screeshot degli eventi di errore in concomitanza con le campagne pubblicitarie attive.

Per questi motivi, Aruba sarà formalmente inclusa nella denuncia per impedimento al lavoro che intendo presentare alla Polizia Postale, relativa alle attività online. Le attività storiche saranno oggetto di richiesta di risarcimento separata, ma è su questo fronte digitale - il Pet Shop prima, l’Akita Family Love Store ora - che si è consumato il sabotaggio più subdolo. Seppur in termini di responsabilità, i sabotatori saranno sempre gli stessi.


Riflessione conclusiva – Presentazione del conto

A questo punto, non si tratta più di raccontare, anche se seguiranno ulteriori articoli a tema. Il dossier non è un esercizio di memoria, ma un atto di esposizione. È diretto a chi si definisce “Stato Italiano”, e a chi lo sostiene e lo manovra: la Chiesa, la Massoneria, i Gesuiti. È a voi che mi rivolgo. A voi che avete costruito nel tempo le armi del sabotaggio: pensioni negate, assegni familiari mai versati, sequestri sistematici di automezzi, blocchi digitali, impedimenti al lavoro.

Questo dossier è la prova. La prova che non si tratta di sfortuna, ma di strategia; che non si tratta di casualità, ma di persecuzione; che non si tratta di errori, ma di intenzioni.

E allora, basta, ora si presenta il conto.

Chiedo la fine immediata delle ostilità, chiedo il riconoscimento formale dei danni subiti. Chiedo il rimborso, chiedo che venga restituito ciò che è stato tolto - a me, a mio padre, a mio nonno, a mia zia. Chiedo che venga riconosciuto il valore di chi ha costruito, servito, combattuto, e che oggi viene trattato come un intralcio.

Questo non è un addio, è un’intimazione. E se non verrà accolta, sarà solo l’inizio di una nuova fase: quella della denuncia pubblica, legale, spirituale. Rifletti bene sull'ultima..

Perché lo spirito che mi anima non è proprietà di nessuno. Non è servo e non è secondo a nessuno. E' luce. E' l'origine. E voi poc'anzi citati sapete bene cosa intendo nell'ultima affermazione.

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❤️❤️❤️❤️❤️❤️❤️❤️LOYALTY ISN'T JUST A WORD; IT'S THE HEARTBEAT OF AN AKITA ❤️❤️❤️❤️❤️❤️❤️❤️❤️❤️