L’attesa che non conosce tempo: Hachiko, il significato della fedeltà e dell'amore
Quarto episodio del dossier Cronache di una persecuzione istituzionale: L'isola che non c'è
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| Il coccodrillo come fa? Era la musica della pubblicità in radio |
Rientrato in Italia dal Brasile trovai una sistemazione provvisoria: un ex compagno del calcetto mi accolse nel suo locale come Dj. Era un periodo che aveva come sfondo una sorta di delusione. Non si trattava solo delle difficoltà economiche, ma anche di una questione morale. A quel “amico” benestante proposi un investimento: lui ci metteva i capitali, io la gestione. Dopo qualche insistenza, accettò. Avevo le competenze, lui le risorse. Un anno dopo, aprivamo insieme un ristorante. Tutto bello e normale? Vedremo che non era proprio così.
UN BREVE TUFFO INDIETRO
Non era la prima volta che mi sacrificavo per lui. Anni prima, avevo lasciato il mio ristorante in Brasile per volare a Torino e aiutarlo con una sua attività in crisi. Il locale era allo sbando: personale litigioso, incassi in caduta libera, perdite ovunque. In un mese di lavoro intenso, riuscimmo a tamponare la situazione. Ma il prezzo fu alto: la mia assenza in Brasile generò problemi. Col senno di poi, posso dire che quell’uomo era collegato a persone che ostacolano la mia vita. All’epoca, però, non ne avevo idea. Anzi, gli volevo bene.
IL RACCONTO
Tornando all’Italia, il ristorante che avevo soccorso per conto del mio “amico” venne trasformato in un punto della catena I Fratelli La Bufala. Nei locali c’era uno spazio inutilizzato sotto il ristorante principale, con un’area giochi per bambini abbandonata dopo il fallimento della gestione precedente. Fu lui a proporre di avviare un nuovo ristorante per bambini. Accettai. Così nacque L’Isola che non c’è.
In pochi mesi, il locale decollò. Lavoravamo solo nei fine settimana, ma riempivamo la sala - oltre 100 coperti - con prenotazioni fissate con una settimana di anticipo. I complimenti dei clienti piovevano: servizio rapido, cibo di qualità. Il segreto? Avevo risolto i problemi della gestione precedente: lentezza e scarsa qualità. E sì, lo dico senza esitazione: il tanto celebrato sistema del giro pizza l’ho introdotto io in Italia. Un paese che, invece di valorizzare, sembra specializzato nel mettermi i bastoni tra le ruote. Il metodo è stato poi brevettato da altri, ma l’idea era mia. Portata dal Brasile vent’anni fa.
IL SISTEMA GIRO PIZZA
Durante un precedente viaggio in Brasile avevo
conosciuto un imprenditore locale che gestiva una pizzeria chiamata
Manção da Pizza, situata nel quartiere Ipiranga a San Paolo. Era un
locale enorme, dotato di forni elettrici a nastro che sfornavano pizze
senza sosta. Il funzionamento era semplice: il cliente si accomodava al
tavolo e veniva immediatamente servito dai camerieri con varie tipologie
di pizza, un'idea geniale!
Quando vendevo la Trattoria del
Peso, poco prima di partire per il Brasile, ed acquistare poi Il Kaffà,
condivisi questo sistema con un'agenzia immobiliare che si occupava di
affittare locali commerciali. Cercavo di convincere l'agente ad
abbassare il costo dell'affitto garantendo che la nuova attività avrebbe
avuto successo e auspicando poi un eventuale adeguamento del canone.
Tuttavia, l'accordo non si concretizzò. Al mio ritorno in Italia, per un breve periodo, scoprii con sorpresa che proprio in quei
locali era nata una pizzeria che utilizzava il sistema del giro pizza.
In pratica, ciò che avevo raccontato all'agente era stato chiaramente
proposto a qualcun altro nel settore. E così quel locale divenne la
prima pizzeria in Italia basata sul giro pizza.
EPILOGO: L'ISOLA CHE NON C'E'
Ma torniamo all’Isola. Il successo del locale sembrava dare fastidio. Oltre ad un tizio che ci telefonava per informare che il sistema di lavoro era stato brevettato in Italia da lui - gli venne raccontato quanto sopra scritto e chiuso il telefono- sembrava che il nostro successo, forse inaspettato, andasse contro i piani della persecuzione cui ero sottoposto, orchestrata dai Gesuiti come già detto nel primo articolo del dossier. Un loro seguace, l’allora sindaco Fassino, decise dunque di intervenire. La motivazione ufficiale della chiusura definitiva? Una presunta irregolarità già risolta: la doppia partita IVA nello stesso locale. Non avendo argomentazioni valide, il sindaco di fatto abusò del proprio potere. L’ASL aveva richiesto solo di separare le cucine con un muro piastrellato, senza arrivare al soffitto, per garantire l’areazione. Ed i permessi furono rilasciati. I locali divisi, due ingressi e due cucine. Allora, qual era il vero problema? Il mio successo. Indesiderato. Inatteso.
Profondamente deluso, decisi di riprendere gli studi e poco dopo mi trasferii a Londra. Circa un anno dopo, durante un breve ritorno a Torino, notai che L’Isola che non c’è era diventata La Bufala Bimbi. Stupore.. ma forse neanche tanto. Io avvio un ristorante di successo e il sindaco lo chiude a vantaggio di altri?
La vicenda mi portò a riflettere su certi intrecci: Gesuiti, Fassino, gruppi organizzati con ombre mafiose (F. la B.) ed il socio - l’amico del calcetto - e le ingiustizie sistematiche. Sembrava quasi che il divertimento fosse garantito per loro, ma certamente non per me. Anche perché, negli anni successivi, scoprii che il commercialista dell’“amico” non aveva mai chiuso l’attività. Parte burocratica di cui sin dall'inizio se n'era occupato lui tant'è che si trattava del suo commercialista. E oggi, poiché tutto era intestato solo a me - chissà come mai - c'è un importante debito con l’INPS. Impedimento al lavoro e induzione alla povertà. Manca qualcosa?
Forsa una curiosità? Eccola: come mai dopo oltre 15 all'Inps risultano ancora tali debiti - ed in data 02/05/24 inviano anche comunicazione/sollecito - seppur la Corte di Cassazione con la sentenza del 7 marzo 2018 n° 6173 chiarisce che i debiti previdenziali si prescrivono in 5 anni?
CONCLUSIONE
Concludo ripetendo ciò che ho già detto in altri capitoli del dossier. La mia vita è stata - ed è tuttora in modo più forzato poiché ne sono consapevole - un Truman Show. Ogni “amico”, ogni “compagna”, ogni affare, ogni inciampo: tutto scritto da altri, tutto orchestrato per sabotare. E quando trovavo casualmente una fidanzata loro intervenivano - in seguito racconterò come la polizia venne usata per farmi allontanare dal primo grande amore. Persino lo sport, dove avrei potuto brillare, è stato bloccato - anche questa sarà una narrazione interessante che non può mancare al dossier, dal momento in cui fu proprio la Juventus - i gesuiti Elkman/Agnelli - a spezzare la mia carriera. Ogni mossa, ogni progetto, ogni respiro: premeditato, monitorato, deviato, ostacolato.
Ma ora il copione è nelle mie mani. Questa mossa - dal ristorante all’indebitamento finale - non è stata una coincidenza. È stata una strategia, così come per tutte le precedenti. Ma io la sto smontando, pezzo per pezzo.
Non c’è più spazio per il dubbio. Non c’è più tempo per fingere. Chi ha giocato con la mia vita, con quella di mio nonno, mio padre ed anche la dolce zia poetessa di Genova, dovrà fare i conti con la verità. E con le anime che mi appoggiano - da qui, dagli Stati Uniti, dal Nepal, da ogni angolo del mondo, e con quelle che mi sostengono dall'alto. Perché io non sono solo, ed anche se lo fossi la mia determinazione non sarebbe inferiore, e l'efficacia la stessa. Il tempo del silenzio è finito. Il Truman Show è finito. Ora si gira un altro film, quello del risveglio, quello della mia coscienza e quello della resa dei conti.
E tu che leggi, che sei arrivato fino a qua, chiediti questo: Quante volte hai visto accadere qualcosa di simile, ma hai pensato fosse solo sfortuna? Quante volte hai sentito dire “è il sistema”, ma hai lasciato correre? Quante volte hai percepito che qualcosa non tornava, ma hai preferito non approfondire? Forse anche tu hai vissuto scene che non sembravano tue, decisioni che non ti appartenevano, ostacoli che non avevano senso. Se è così, sappi che non sei solo. E che il tempo della separazione sta finendo: siamo tutti fratelli, come in origine fino alla fine. Le separazioni sono temporanee e vengono dai governanti prepotenti che stanno comunque terminando il loro corso, inevitabilmente.
Questo dossier non è solo la mia storia. È una crepa nel muro. Un invito a guardare oltre, a guardare meglio, a riconoscere i meccanismi, a rompere il silenzio. Perché quando il disegno si è rivelato, allora il tempo della finzione finisce, e il tempo della coscienza riaffaccia. E quando le coscienze si uniscono, tali presunti "poteri forti" svaniscono in men che non si dica.
CITAZIONE FINALE dal libro di Henry David Thoreau: DISOBBEDIENZA CIVILE Pag.10
"Non è tanto desiderabile coltivare il rispetto della legge quanto quello della giustizia. L'unico obbligo che ho diritto di assumere è quello di fare in ogni momento quello che ritengo giusto. Non è sbagliato dire che una comunità non ha coscienza [la loro]; ma una comunità di uomini coscienziosi è una comunità di uomini dotata di coscienza"
RIFLESSIONE FINALE
“Non è tanto desiderabile coltivare il rispetto della legge quanto quello della giustizia.” — Henry David Thoreau, Disobbedienza Civile
Questa frase non è solo una citazione. È una lente. Attraverso di essa, gran parte di quel che ho vissuto in conseguenza ai soprusi patiti assume un contorno più nitido. Non ho disobbedito* per capriccio. Ho disobbedito perché la legge, in certi casi, è diventata strumento di oppressione. Perché il rispetto cieco delle regole, quando serve solo a proteggere i privilegi di pochi, non è virtù, è complicità.
Io ho scelto la giustizia, sempre. Ho scelto di raccontare, adesso. Ho scelto di non tacere più, anche se il silenzio sarebbe meno problematico (in apparenza). E se anche questo mi rende più scomodo, e più perseguitato… va bene così, sono step della battaglia. Sposo la citazione di Gandhi: "Prima ti ignorano [già fatto], poi ti deridono [idem], poi ti combattono [siamo qui]. Poi vinci".
Perché come dice Thoreau, una comunità senza coscienza non è una comunità. Ma una comunità di uomini coscienziosi - e io so che esiste - è una forza che può cambiare tutto. Ma anche un solo uomo può cambiare tutto, con la volontà. Ed io posseggo quella volontà.
Questo dossier è il mio atto di coscienza. E se anche solo una persona, leggendo queste righe, sentirà vibrare qualcosa dentro… Allora la disobbedienza avrà compiuto il suo scopo. E la giustizia avrà trovato voce.
*"Disobbedito" intendo non pagato le tasse, o le assicurazioni dell'auto. Nulla di criminale, per chiarezza.
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